E' arrivata alla mia osservazione una paziente anziana, di 81 anni, dimessa pochi giorni prima dall'Ospedale di Venezia, con diagnosi di "metastasi ossee multiple da carcinoma mammario operato", di cui soffriva da circa un anno.
Le sue condizioni fisiche erano molto gravi, era defedata, in evidente condizione di malnutrizione e in preda ad uno stato depressivo.
Una marcatissima astenia, non le consentiva di muoversi dal letto al punto che sono stato costretto a recarmi al domicilio della paziente.
La Sig.ra Teresa era completamente immobilizzata e qualsiasi piccolo movimento le arrecava dei gravi dolori all'apparato scheletrico e muscolare al punto da non riuscire a camminare.
La ragione per la quale ero stato interpellato, era la mia esperienza come Farmacologo clinico.
Mi si chiedeva, infatti, di riuscire, attraverso una adeguata terapia farmacologica, ad alleviare le sofferenze e la sintomatologia dolorosa.
Si trattava di migliorarne sensibilmente la qualità di vita, pur tenendo in considerazione che si trattava di una paziente ormai terminale.
Durante la degenza ospedaliera era stata trattata, per quanto riguardava la terapia del dolore, con analgesici centrali e con oppioidi*.
Le lettere di dimissioni dall'Ospedale, descrivevano così le sue condizioni di salute. (Vedi documenti a fine paragrafo)
Il nostro primo incontro si è esaurito con la raccolta dei dati anamnestici e con un colloquio di circa trenta minuti, durante il quale, la Sig.ra Teresa mi ha espresso tutta la sua sofferenza fisica e morale per questa sua condizione.
Si trattava di una persona di sesso femminile, nubile, nata ottantun anni prima da parto eutocico, in una famiglia molto religiosa, primogenita di sette fratelli, desiderata.
E' stata allattata dalla madre e lo sviluppo psico-somatico si è rivelato normale.
Viste le precarie condizioni economiche della famiglia ha iniziato a lavorare fin dalla giovane età, dopo aver frequentato le scuole elementari.
All'età di circa vent'anni, ha frequentato un corso per Infermiera, per poi andare a prestare le sue opere in una lungodegenza.
Il suo lavoro è sempre stato eseguito con piacere e regolarità perché soddisfaceva la sua propensione all'aiuto degli altri e delle persone sofferenti in particolare.
L'atmosfera familiare e il clima educativo, si sono rivelati sempre rilassati. Riferiva, tuttavia, di non aver avuto mai confidenza con i genitori visto lo stile educativo piuttosto rigido.
Le esperienze sessuali sono state molto limitate ed il rapporto con l'altro sesso è sempre avvenuto con diffidenza.
Ho notato, inoltre, da parte della paziente una certa difficoltà a confidarsi su questi argomenti.
Si presentava abbastanza vivace nell'espressione verbale, nonostante lo stato di grave malessere.
Mi riferiva, inoltre, che subito prima di ammalarsi, frequentava dei gruppi di lavoro organizzati dalla sua Parrocchia e si prestava, con molto entusiasmo, in opere di volontariato e di carità, sfruttando le sue esperienze di ex-infermiera.
Si è sempre sentita dire di avere un "carattere forte" e lei ne ha sempre tratto motivo di grande vanto e soddisfazione: tanto che mi disse:
"Manifesto sempre le mie idee, mi sento in grado di affrontare eventi e persone difficili con forza e determinazione. Oggi, invece, mi accorgo di aver perso tutta questa mia forza; sento solo il peso degli anni e dei dolori che mi costringono a rimanere immobile".
Qualche mese prima, infatti, una sintomatologia dolorosa e un pò diffusa, l'aveva portata a consultare l'oncologo che aveva diagnosticato una metastatizzazione diffusa all'apparato scheletrico.( v. scintigrafia ossea a fine capitolo )
Al momento del mio intervento, presentava gravi algie ai movimenti delle spalle, del gomito dx e sx, del capo e delle ginocchia.
Alla fine del primo incontro la lasciai con la preghiera di analizzare bene il suo dolore fisico e di classificarlo basandosi sullo schema di valutazione che le consegnai.
All'incontro successivo, avvenuto il giorno dopo, la Sig.ra Teresa, mi fece trovare lo schema pronto da cui si evidenziava chiaramente che il suo dolore era vissuto come lancinante, lacerante, insistente, persistente, forte, stancante, pauroso, cattivo, a tratti straziante.
La sintomatologia algica era dunque vissuta sia in modo sensoriale che affettivo.
Il suo modo di esprimersi, inoltre, rivelava una modalità soprattutto visiva e cinestesica:
"Vedo la situazione molto grave, mi trovo come in un tunnel da cui non so se riuscirò ad uscirne fuori. Mi vedo ormai morta. Mi sento oppressa e schiacciata dal mio male".
La sua valutazione, inoltre, dell'intensità del dolore, basata sulla scala NRS, spesso sfiorava il massimo del dolore immaginabile.
Mi sembrò utile proporle, oltre all'approccio farmacologico, che però dava dei risultati molto deludenti, di pensare anche ad un approccio che facesse leva sulla componente affettivo-emotiva dei suoi disturbi.
Dopo un momento di titubanza rispose:
"Proviamo pure, sono disposta a qualsiasi tentativo. Cercherò di farmi forza e di raccogliere tutte le mie energie per riuscire, almeno, a morire in pace senza essere oppressa da questi dolori".
Le spiegai che si trattava di fare alcune sedute dove avremmo potuto stabilire un "contatto" grazie al quale lei avrebbe potuto meglio esprimere tutte le sensazioni che il suo malessere le provocava.
Questo la avrebbe aiutata a focalizzare meglio le sue emozioni; lo studio di esse, inoltre, poteva costituire una buona base per raccogliere le risorse che sarebbero servite per arrivare ad uno stato di minore malessere.
Counselor: “...... così lei potrà capire a fondo tutte le sensazioni sgradevoli che i dolori le arrecano, potrà comunicarmele con maggior forza e potrà porre la sua attenzione proprio su di esse, in modo tale da capire profondamente la sofferenza da cui vuole uscire...”
Così ci incontrammo per quattro volte, a cadenza settimanale per un Counseling Rogersiano, con l'intenzione di focalizzarci sulla realtà emozionale e sul suo sentito.
Da parte mia vi era lo sforzo di sintonizzarmi con lei utilizzando le sue modalità visive e cenestesiche di espressione:
Teresa “:... vede, quando sento il dolore che mi opprime, che arriva dentro le mie ossa come un cane che mi mordesse con i suoi denti, vedo tutto scuro interno a me, come se fosse sempre notte….”
Counselor: "...una notte buia, piena di dolore, paurosa e straziante"...
Teresa: "... è un dolore che mi fa sentire sola, abbandonata...come se i miei occhi non potessero vedere oltre ... è proprio straziante..."
Nei primi incontri cercai di mettere in evidenza tutte le sue esperienze psico-fisiche relative al male che la opprimeva in modo da chiarirmi la sua modalità di provare la sofferenza.
La terapia farmacologica in questa fase, era rappresentata da analgesici-antinfiammatori, da analgesici ad azione centrale e da codeina**.
Quest'ultimo farmaco è un oppiaceo che, somministrato contemporaneamente agli analgesici classici, ne sinergizza l'effetto.
Dopo questi primi incontri di tipo conoscitivo, spiegai alla Sig.ra Teresa che, a mio avviso, sarebbe stato utile, attraverso le tecniche di rilassamento e l'induzione di immagini, un approccio di tipo sensitivo e suggestivo tale da rendere il dolore meno sgradevole e opprimente.
Il consenso fu immediato e la paziente prese anche atto che si trattava di un esperimento che non dava alcuna certezza di risultato ma che avrebbe, probabilmente, aperto una nuova via collaterale al trattamento farmacologico.
Ci accordammo che nel corso del trattamento avremmo utilizzato, quale sistema di misura, la scala di quantificazione del sintomo dolore e i farmaci stessi.
Nel caso ci fossimo potuti permettere di diminuire i dosaggi, quello sarebbe stato il modo per valutare la risposta alla nuova metodica.
In questo modo la paziente si sentì responsabilizzata in prima persona a collaborare, tanto attraverso la quantificazione del sintomo dolore, quanto attraverso lo studio in prima persona dei dosaggi dei farmaci.
Questo, in qualche modo, la rendeva protagonista e non spettatrice passiva e soddisfaceva le esigenze dei suoi tratti di personalità in buona misura istrionica.
Nella buona salute, infatti, il suo atteggiamento era sempre stato da protagonista, sia sul lavoro che nella vita sociale, ricavandone soddisfazione nella dimostrazione di essere brava e indispensabile nell'aiuto degli altri.
Le nostre sedute iniziarono, quindi, verso la metà del mese di aprile del 2001 e a cadenza settimanale.
Si svolgevano a casa sua nella sua camera da letto. Lei si metteva seduta in una poltrona ed io mi sedevo di fronte a lei, in un angolo un po' buio della stanza, nel massimo della tranquillità.
Counselor: "Adesso Teresa , puoi iniziare questa nuova esperienza. Probabilmente ti chiederai che cosa sta per succedere ma poi lasci che le cose vadano come devono andare...... senza cercare di modificare nulla...... e lasciando che tutto sia come dev'essere...... se tu rimarrai in questa posizione e se metterai le mani sopra le tue cosce....... allora potrai iniziare a sentire una sensazione di tranquillità e di pace..."
Counselor: " ... ora Teresa concentra la tua attenzione sul tuo respiro... e potrai accorgerti che l'aria che entra nel tuo torace è fresca e pulita e quella che esce è calda e sporca... e mentre la mia voce ti accompagna, ti accorgi che ad ogni respiro avvengono dei cambiamenti... il tuo torace si alza e si abbassa ritmicamente senza che la tua parte cosciente intervenga in qualche modo... e ti accorgi di quanto spesso accada che il corpo abbia dei movimenti o dei sussulti... senza che la tua parte conscia intervenga... perché non importa quello che la parte conscia fa...e il tuo stato di tranquillità va aumentando sempre più... sempre più..." ***
Durante la fase di induzione, aveva spesso dei piccoli scatti muscolari alle braccia e la testa, gradualmente, si fletteva in avanti.
In questa fase iniziava l'induzione di immagini molto tranquillizzanti e colorate, dandole inizialmente delle suggestioni visive e passando poi, gradualmente, a suggestioni ideosensoriali:
Counselor:"......e mentre stai osservando questa bellissima immagine, cominci a sentire sulla tua pelle una leggera brezza che rinfresca il tuo corpo e ti dà una sensazione di benessere piacevole.. .perché soltanto chi ha provato questa sensazione può capire..."
Spesso l'utilizzo di un truismo, ha approfondito il suo stato di coscienza alterato:
Counselor: "...Ormai hai 81 anni ed è arrivato il momento che tu goda con tranquillità il piacere del meritato benessere... e mentre il tuo corpo si rilassa completamente... tu provi una sensazione di grande piacere, e lasci che la tua mente profonda affronti il tuo problema...e non serve più che tu ascolti le mie parole... poiché quello che la tua mente conscia fa, non importa...
La Sig.ra Teresa, verso la terza seduta, cominciava a dare, attraverso il suo corpo, dei segnali di grande rilassatezza e di piacere mentre io ricalcavo la sua postura e utilizzavo, successivamente, delle suggestioni ideo-sensoriali e ideo-affettive:
"...e mentre il tuo corpo va rilassandosi sempre più, ti trovi in un giardino molto colorato... dove il colore dell'erba e dei fiori ti fa provare una sensazione di così grande benessere che riesci perfino a sentire il profumo dell'aria... e il canto degli uccelli... e il rumore dello scorrere dell'acqua.. .di un piccolo ruscello che dolcemente scorre verso la pianura...e la tua sensazione di grande piacere ti fa scordare ogni sofferenza... qui è tutto... come tu lo vuoi..."
Dopo aver provato, come in questo caso, una serie di suggestioni dirette, nella seduta successiva aggiunsi anche delle suggestioni indirette***** che ricalcavano vagamente le sue abitudini di vita e le soddisfazioni che provava quando era in attività e aiutava gli altri:
Counselor: "... Ora ti racconterò una storia: molto tempo fa... una mia amica mi raccontò che la sua piccola bambina di cinque anni... era solita giocare con i suoi amichetti... correndo nel prato vicino a casa... rincorrendoli... gridando felice insieme a loro... E un giorno volle calzare delle scarpe nuove che non aveva mai portato... Giocando sentiva dolore ai piedi... ma non aveva tempo di pensarci... e a mano a mano che il tempo passava sentiva il dolore che andava aumentando... era lancinante, lacerante, persistente, stancante, pauroso, cattivo, straziante....... ma non aveva tempo di pensarci...
In questo modo avevo utilizzato volutamente la stessa modalità di espressione che lei aveva usato per definire il suo dolore e lo avevo annullato con la frase più volte ripetuta...ma non aveva avuto tempo di pensarci...
Quando mi recai a casa sua per la seduta successiva fu lei, per la prima volta, ad accogliermi a casa sua e ad accogliermi nella sua camera, camminando da sola un po' curva e dolorante, appoggiata ad un bastone che le dava maggior sicurezza.
In quell'occasione mi comunicò che era intenzionata, visto che la stagione lo consentiva, ad uscire per una mezz'ora di casa e a sperimentare questo suo stato di maggior benessere.
Era tranquilla e manifestava la sua contentezza sorridendo ed esibendo un passo ancora un po' incerto ma soddisfacentemente sicuro e veloce.
Si sedette sull'abituale poltrona e mi raccontò che subito dopo la seduta precedente sentì dentro di sè una forza che da diverso tempo non provava.
Aiutata dalla sorella, mosse qualche passo per la stanza senza provare grandi dolori tanto che da quel momento incominciò a pensare che stava avvenendo qualcosa di straordinario che l'autorizzava a sperare.
Durante la settimana, per la verità, confessò di avere dei momenti di recrudescenza della sua sintomatologia dolorosa. Le venne in mente allora di provare a sedersi sulla sua poltrona, concentrandosi su se stessa e su quello che avveniva quando io le parlavo.
Straordinariamente il dolore si attenuava e le consentiva, nuovamente, di riprendere quello che stava facendo.
Quel giorno, verso la fine della seduta, pensai di aiutare ulteriormente la cliente, dandole le seguenti indicazioni:
Counselor :"... e ora tu sai che potrai riprovare queste piacevoli sensazioni tutte le volte che vorrai... sedendoti spontaneamente in qualche poltrona...oppure chiudendo gli occhi per qualche secondo e richiamando il piacere che stai provando in questo memento... e quando deciderai di riaprire gli occhi, ti ritroverai in questa stanza, da dove sei partita... e ritroverai me, che ti sto ancora parlando e che ti dico... ben tornata Teresa".
Da quel momento, straordinariamente, la paziente continuò a migliorare la sua sintomatologia dolorosa, al punto che usciva di casa normalmente, si sedeva al bar, conduceva una vita quasi normale e si alimentava ormai in modo sufficiente e corretto per la sua età.
Verso il mese di giugno 2001, le condizioni generali si erano pressoché normalizzate, era aumentata di peso, riceveva persone nel suo appartamento, con grande stupore suo e di chi la frequentava.
Nel frattempo le sedute erano continuate settimanalmente ed io utilizzavo ormai sempre la stesa tecnica di induzione indiretta al benessere e all'assenza di dolore.
Pensai, vista la regressione pressoché totale di ogni sintomo di malattia, di controllare l'andamento di CEA e CA 15/3 che sono due markers tumorali che si utilizzano nel cancro della mammella metastatizzato alle ossa e che rappresentano, rispettivamente, l'indice di progressione della massa tumorale primitiva e delle colonizzazioni secondarie metastatiche nell'apparato scheletrico.
I risultati non furono confortanti in quanto erano notevolmente aumentati rispetto al controllo effettuato nel marzo precedente. (Vedi documenti a fine capitolo)
Questo, quindi, stava a significare che la progressione della malattia non si era arrestata, anzi, nonostante la sintomatologia fosse regredita molto vistosamente fino quasi a zero.
La scala di quantificazione del dolore compilata periodicamente dalla Sig.ra Teresa, infatti, indicava una diminuzione molto marcata del dolore a tutti i vari distretti scheletrici e la terapia farmacologica aveva subito una drammatica riduzione dei dosaggi e una sospensione della codeina.
Ormai l'unico farmaco che utilizzava, peraltro in dosi molto basse, era il paracetamolo (Efferalgan) che veniva assunto con la funzione quasi di placebo.
La paziente era entusiasta del risultato di questa terapia al punto che sperava molto in un mio consenso a poter andare nel mese di Agosto in montagna, insieme alla sorella.
Fui entusiasta anch'io di questa idea per cui mi dimostrai favorevole alla sua vacanza montana.
Decidemmo, inoltre, di diradare i nostri incontri dal momento che era obiettivamente rilevante la condizione di benessere, di tranquillità e fiducia che la signora aveva ormai acquisito.
Durante il mese di Agosto, come d'accordo, soggiornò nella località montana cha aveva scelto e ci rivedemmo nel mese di Settembre per verificare il suo stato psico-fisico e per fare il punto della situazione studiando, insieme, eventuali strategie da adottare.
La vidi in una condizione di stazionarietà. Deambulava correntemente, non si lamentava più di alcun dolore, le condizioni generali erano soddisfacenti tanto che decidemmo di incontrarci per fare qualche seduta una volta la mese.
E a Novembre, cinque mesi dopo l'ultimo controllo dei marcatori di malattia, decidemmo di ricontrollarli (vedi documenti a fine capitolo) riscontrando che gli indici di progressione della malattia erano notevolmente e drammaticamente aumentati.
Nonostante questo, tuttavia, la paziente si muoveva liberamente anche se le condizioni generali, cominciavano a scadere progressivamente.
Durante l'inverno e la primavera successivi, non si mosse quasi più di casa.
Erano le condizioni generali che non le consentivano di fare affidamento sulle proprie forze.
Lamentava astenia agli arti inferiori, senso di "gambe di panno", non si fidava a percorrere le scale di casa e si alimentava in modo inadeguato e insufficiente.
L'appetito era di molto diminuito e appariva più svogliata e demoralizzata.
L'utilizzo dei farmaci sintomatici per il dolore, comunque, non era aumentato, anche se in qualche occasione lamentava dolori alle gambe.
La deambulazione a casa avveniva sempre più lentamente, a passi piccoli, a base allargata, necessariamente sorretta da qualcuno.
I nostri incontri si erano intensificati e il risultato sulla sintomatologia algica rimaneva sempre soddisfacente.
Riadottai la tecnica del Coundeling Rogersiano che, attraverso la comprensione empatica, in quella fase, dava alla paziente un beneficio sull'umore e attenuava il suo stato d'ansia e la depressione che inevitabilmente erano ricomparsi.
Teresa: "...sono davvero contenta che lei continui a venire qui da me, ad ascoltare le mie pene. Mi sento come svuotata, come se dentro il mio corpo non ci fosse più nulla. Come se fossi diventata un sacco vuoto, uno straccio..."
Counselor: "Si sente proprio male in questi giorni, però mi sembra che la nostra comunicazione la faccia stare meglio, come se raccontandomi le sue pene lei si alleggerisse di un carico che le pesa davvero..."
Tuttavia rammentava con grande piacere e sollievo il suo soggiorno in montagna che l'aveva distratta completamente dall'incubo del suo male che lei conosceva perfettamente e che quindi riusciva a combattere ad armi pari.
Intanto arrivò l'estate e le condizioni generali della Sig.ra Teresa erano ulteriormente peggiorate.
Il dolore era ancora a livelli discretamente sopportabili e nonostante lo stato di cachessia che andava prendendola sempre più, riusciva a muoversi per casa, sia pur faticosamente e con notevoli sforzi.
Il 18 Giugno 2002, la paziente cadde accidentalmente a terra mentre camminava tra le mura domestiche.
Fu subito soccorsa dalla sorella che sollecitò un mio intervento immediato.
Verificai che la caduta aveva provocato un trauma sacrale e la Sig.ra Teresa, che comunque riusciva a camminare, lamentava un grave dolore al femore sinistro all'altezza dell'articolazione iliaco-femorale.
Programmai l'immediata esecuzione di una radiografia in sede di trauma che evidenziò (vedi documenti a fine capitolo) una frattura patologica della branca ileo-pubica di sinistra e una fissurazione anche dell'ala iliaca dello stesso lato.
Erano comunque interessate da un processo patologico di franamento anche la seconda e la quinta vertebra lombare.
Nonostante fosse stata informata delle gravi condizioni del suo scheletro da parte dei colleghi ospedalieri, ella firmò una assunzione totale di responsabilità e si fece rimandare a casa per poter sentire il mio parere in proposito, confidando in un mio miracoloso intervento per migliorare le sue condizioni fisiche.
Quando presi atto della situazione, tuttavia, cercai di convincere la Sig.ra Teresa, utilizzando l'empatia e la tecnica dell’ascolto attivo, a scegliere di farsi assistere e consigliare dai medici della Divisione Ospedaliera e Oncologica dell'Ospedale Civile di Venezia.
Fu quindi ricoverata in quella sede e sottoposta a terapia medica e a immobilzzazione per alleviare il dolore che andava aumentando sempre più.
Morì all'Ospedale il 7 luglio 2002 dopo qualche giorno di coma profondo che le aveva consentito di non soffrire ulteriormente.
Conclusioni:
le tecniche ipnotiche utilizzate hanno avuto il grande pregio di attenuare e, in qualche caso, di annullare la sintomatologia dolorosa. Tutto questo senza minimamente incidere sulla malattia tumorale di base. Il grande pregio di questa tecnica è quello di rappresentare una buona possibilità di migliorare la qulità di vita della persona.
Alberto Dea