In “Un trovatore girovago nel gioco” abbiamo scoperto, grazie a Gadamer, che “ogni giocare è un essere giocato”: perciò il gioco se talvolta ti libera in giochi mai giocati talvolta ti gioca in una trappola dai circoli viziosi.
Per indagare questo aspetto interessante è “Change”, un libro scritto da Paul Watzlawick, John H. Weakland e Richard Fisch famosi componenti del Gruppo di Palo Alto che darà il battesimo alla scuola psicoterapeutica sistemico-relazionale.
Change nasce dopo “La pragmatica della comunicazione” e a seguito delle ricerche del “ Mental Research Institute” in particolare sul quella che hanno definito Brief Therapy.
Anche in questo testo appare il gioco all’interno del tema del cambiamento: quali interventi determinano veramente dei cambiamenti nei soggetti che lo chiedono? Quali invece sono cambiamenti solo fittizi che mantengono lo stato delle cose, passando attraverso solo un’ apparente cambiamento?
L’approccio degli autori è molto pragmatico e lo studio mira anche a delocalizzarsi rispetto a qualsiasi teoria, per essere aderente alle esperienze reali di cambiamento. Gli autori definiscono cambiamento1 quei cambiamenti che non incidono in nessun modo su modifiche effettive di comportamento, anzi le soluzioni incrementano lo stato di disagio. Definiscono cambiamento2 invece quegli interventi che modificano realmente i comportamenti non desiderati. La situazione relazionale nella sua complessità è vista come disagevole, perciò va affrontata come un sistema in cui non si può isolare il soggetto e rispetto alla quale non è possibile e nemmeno importante la comprensione esplicativa del tutto (non il perché ma il che cosa?), quanto la formulabilità di interventi atti a modificare il sistema stesso o meglio scardinare la sua logica , per consentirgli di ridefinirsi in altre logiche più efficaci.
“Un sistema che può passare attraverso a tutti i suoi possibili cambiamenti del sistema senza provocare un cambiamento del sistema, cioè un cambiamento2, si dice che è preso in un gioco senza fine. … Esistono giochi i quali hanno – incorporato nella loro struttura – un punto finale che prima o poi raggiungono . Indipendentemente dai risultati tali giochi non portano nei circoli viziosi che quasi inevitabilmente si trovano alle radici dei conflitti umani. I giochi senza fine … sono senza fine nel senso che non contengono alcuna disposizione su come si concluderanno . La conclusione … non fa parte del gioco … è mèta rispetto al gioco, è di un tipo logico diverso da qualsiasi mossa che si compie all’interno del gioco”. La conclusione del gioco, che lo preserva da circoli viziosi, è di un ordine diverso dalle mosse del gioco stesso: questo è particolarmente evidente quando all’interno di un qualsiasi gioco la sua sospensione o fine deve essere decretata da un’autorità esterna oppure dai partecipanti con una veste particolare ( gesti convenzionali che li segnalano come fuori gioco). Comunque se è vero che il gioco può generare un cambiamento2 questo avviene anche perché c’è un potere di ordine diverso al gioco stesso che ne presidia i confini e in particolare la fine.
Anzi anche i sistemi viziosi in cui siamo immersi e da cui vorremmo uscire, non ne vediamo l’uscita perché siamo nel loro gioco e non su un piano superiore ad esso che permetterebbe giochi diversi. In questa teoria sistemica, sembra che siamo tutti immersi in giochi relazionali complessi che possono determinare disagio: l’intervento terapeutico deve prescrivere un atto che generi una crisi nella logica di funzionamento al sistema, obbligandolo a cambiare gioco. Questa necessità reale a cambiare sorge solo quando il sistema mostra ai partecipanti situazioni paradossali e contraddittorie , tali da far impazzire i partecipanti oppure scegliere di non giocarvi più, per passare ad un altro livello e in altro gioco impostato con altre regole.
In questo tipo di intervento l’aspetto paradossale e quindi finzionale del gioco viene esaltato perché crea impasse logiche che obbligano la crescita : una crescita che passa attraverso giochi che si evolvono in altri giochi , perché qualcosa di esterno determina gesti che chiedono mosse fuori dal gioco o fuori dalle regole interne.
Infatti riprendendo Wittgenstein “Osservazioni sui fondamenti della matematica” Watzlawick descrive gli esseri umani come da sempre immersi in giochi linguistici, che spesso a livello di contenuto ci mostrano qualcosa mentre a livello di relazione e quindi di potere tra i giocatori ci nasconde altro. Ma allora perché dei giochi esperienziali potrebbe generare un cambiamento2 che nell’ottica sistemico-relazionale è terapeutico?
Certi gesti e interventi generano delle distrazioni dal gioco in corso: Wittgenstein dice “ci ha insegnato un altro gioco in luogo del nostro … ma come può il nuovo gioco aver fatto cadere in disuso quello vecchio? Ora vediamo qualcosa di diverso e non possiamo più continuare a giocare ingenuamente, come prima. Da un lato il gioco consisteva nelle nostre azioni (mosse del gioco) sulla scacchiera; e ora potrei fare queste mosse bene come prima. Ma dall’altro lato era essenziale al gioco che io tentassi ciecamente di vincere; e questo ora non posso più farlo”.
Concludendo alcuni giochi esperienziali:
- Possono indurre un cambiamento2
- purché non siano giochi senza fine, quindi abbiano dei confini dettati da un potere esterno
- purché inducano dei giochi diversi, di un ordine logico diverso e altro rispetto al gioco in corso
- si presentano come situazioni paradossali che proprio per questo obbligano a una revisione del sistema in direzione di un adattamento più efficace
- infine il gioco ci gioca in circoli viziosi ma consente anche giochi di uscita: nel pensiero sistemico non si pone il problema se agire o no dei giochi, siamo sempre immersi in giochi relazionali complessi.
Il testo Change è ricchissimo di esempi in cui avvengono prescrizioni paradossali, ma per i giochi esperienziali risulta interessante sottolineare che vivere esperienze desuete anche paradossali, per esempio sperimentando ciò che si vuole cambiare, si rompono degli schemi sistemici di relazione proprio grazie alla contraddizione che si genera e si attende le possibili novità. Il nuovo passa attraverso la crisi del sistema che stiamo abitando .
Un esempio tra i tanti: chiunque chieda aiuto anche terapeutico , manifesta a livello di contenuto la voglia di cambiare qualcosa, ma a livello di relazione dinamiche più potenti di resistenza al cambiamento si muovono nei sotterranei della domanda stessa. Infatti spesso accade che si innesca una dinamica di sfida al terapeuta, “per sconfiggere l’esperto” che se venisse riconosciuto metterebbe in luce la reale mancanza che abita chi chiede aiuto , una posizione down di bisogno che a livello relazionale si fa di tutto per evitare. Esito queste dinamiche relazionali faranno di tutto per far fallire l’intervento di aiuto per naufragare nella sollevante conclusione che non si può fare nulla, quindi giustificando la posizione iniziale di un problema senza soluzioni . Se ci fossero soluzioni bisognerebbe ammettere veramente il bisogno e quindi cambiare . La prescrizione sistemica in questo caso sarebbe quella di prescrivere il sintomo: “ E’ inevitabile, qui il cambiamento non avverrà, anzi guardi è destinato irrimediabilmente a nessun recupero” .
Questa comunicazione paradossale che ad una richiesta d’aiuto risponde in modo contraddittorio che è impossibile l’aiuto, mette in crisi il gioco relazionale di fondo: non si tratta più di entrare in sfida con il terapeuta che ha già gettato la spugna , ma di affrontarsi. A questo punto il cliente o rinuncia al gioco che è impossibile cambiare e ci prova sul serio, oppure continua a giocare a vincere il terapeuta che per batterlo deve dimostrargli che cambia al contrario di quello che dice (ma anche in questo caso deve provarci sul serio a cambiare).
Bibliografia:
- Paul Watzlawick, John H. Weakland, Richard Fisch “ Change” , casa editrice Astrolabio 1974.
- Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson “ Pragmatica della comunicazione umana”, casa editrice Astrolabio 1967.
- Ludwig Wittgenstein “Osservazioni sopra i fondamenti della matematica” trad. Trinchero, Edizioni Einaudi 1971.
… per una riflessione più teorica
Massimo Galiazzo